Elaborate tra il 1337 e il 1341-'43, le "Chiose sopra la 'Comedia'" rappresentano uno dei prodotti più articolati e complessi della prima esegesi dantesca: esteso alle tre cantiche, il commento è tràdito da tre testimoni (New York, Morgan Library & Museum, M676; Bibl. Apostolica Vaticana, Barber. Latino 4103; ivi, Vatic.
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Latino 3201), più uno parziale (Paris, Bibliothèque Nationale de France, Fonds Italien 70). Sin dai pionieristici studi di Giuseppe Vandelli, queste glosse sono state considerate come un ultimo stadio redazionale dell'Ottimo Commento, il frutto del ritorno sul proprio testo dell'autore (ancora anonimo) di quel Commento: un'attenta analisi filologica e critica ha tuttavia smentito tale ipotesi, restituendo valore autonomo a un progetto ermeneutico del tutto originale. «Cominciano le chiose sopra la Comedia di Dante Alleghieri tratte da diversi ghiosatori»: così recita programmaticamente la rubrica incipitaria (da cui è tratto il titolo scelto per l'edizione), lasciando immediatamente intendere l'obiettivo primario del commentatore, quello, cioè, di allestire un sistema di note che potesse giovarsi innanzitutto della pregressa esegesi. Non solo dunque l'apporto originale nell'elaborazione delle glosse, con un sapiente ricorso alle piú disparate fonti, talvolta "hapax" tra gli esegeti danteschi, rivela la cultura, la sensibilità, dell'autore, ma anche e soprattutto la disinvoltura con cui egli si rapporta con i commenti sino a quel momento elaborati dimostra certamente che con le Chiose sopra la (Comedia' l'esegesi dantesca arriva a un punto nodale della sua storia trecentesca. Al commento dell'Amico dell'Ottimo si dovrà riconoscere, infatti, il non banale merito di aver razionalizzato con intelligenza una ingente mole esegetica (da Jacopo Alighieri alle Chiose Palatine, da Grazíolo Bambaglioli a Iacomo della Lana, all'Ottimo, a, probabilmente, l'Anonimo Latino e le Expositiones di Guido da Pisa), vagliandone le opzioni, scegliendo tra esse, talvolta discutendole o criticandole. Il risultato è un'esegesi variegata, articolata, che prova a non tralasciare alcun verso, ma al contempo sintetica, compatta, tendente ad evitare le ondivaghe digressioni dei modelli di riferimento e con una costante attenzione al disvelamento del dato letterale e del "vero" allegorico, in ossequio ai dettami del Convivio (opera per altro conosciuta e citata, al pari di altre "minori" dantesche, come la Vita nuova, la Monarchia, l'Epistola XIII). Questa imponente edizione restituisce, dunque, alla comunità degli studiosi e degli appassionati il lavoro di uno dei piú interessanti e originali commentatori danteschi del Trecento, che potrà costituire uno strumento prezioso per la lettura e l'interpretazione della Commedia. Questa edizione, appositamente allestita per l'«Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi», offre per la prima volta all'attenzione degli studiosi e dei lettori il testo critico del più importante commento integrale alla Commedia di area fiorentina, realizzato intorno al 1334 (a soli tredici anni dalla morte del poeta) da un anonimo esegeta, che dichiara addirittura la propria personale conoscenza e consultazione dell'Alighieri («Io scrittore udii dire a Dante»). L'opera si configura come una summa di tutte le precedenti esperienze interpretative, messe a frutto mediante una tecnica compilatoria mirata a proporre una varia lectio ermeneutica, che si vuole discutere e disciplinare. Nell'àmbito dell'esegesi dantesca delle origini, l'opera ricopre un ruolo di assoluto rilievo anche per la purezza del suo volgare, apprezzata e valorizzata fin dal XVI secolo dagli Accademici della Crusca, che vi trassero oltre 1.400 lemmi per la prima edizione del loro Vocabolario (1612), attribuendogli altresì, in ragione dei suoi pregi linguistici, la lusinghiera qualifica di Ottimo, divenuta poi canonica.